lunedì 7 gennaio 2013

Come la terra ferita...

Stamattina ci siamo recati per il secondo anno consecutivo a Crevalcore dove si disputa la prima maratona dell’anno. Completamente differente il tragitto di andata, soprattutto completamente differente il paesaggio che abbiamo attraversato, anche il tempo atmosferico ha contribuito in modo determinante.
Lo scorso anno abbiamo fatto la strada che passa da Bologna, accarezza Calderara di Reno e quindi raggiunge Crevalcore, attraversando la pianura tra cascine in mezzo a piantagioni di frutta a riposo in questa stagione e zone industriali dei paesi ora in pausa per le festività. Una fredda ma soleggiata giornata di sole era nostra compagna.
Quest’anno abbiamo raggiunto Crevalcore passando per Carpi. Le nebbia rendeva la campagna diafana e i contorni delle cose indefiniti.
Anche il tempo ci ha aiutato ad entrare in punta di piedi in questa terra che nel mese di maggio è stata ferita da una serie di terremoti.
La nebbia ha fatto sì che entrassimo in contatto con la realtà piano piano.
Ecco, si vede una casa chiaramente inagibile, puntellata su tre lati; quella che doveva essere una cascina ora è solo un mucchio di macerie. Solo la campagna ha mantenuto le forme e le sembianze dello scorso anno: la differenza sta nei nostri occhi. Oggi gli alberi sembrano tante persone con le braccia alzate che chiedono aiuto. Il mio primo pensiero è stato quello delle persone che uscivano dai lagher nazisti al temine della seconda guerra mondiale.
Attraverso questo paesaggio siamo arrivati al centro maratona di Crevalcore. Qui, in periferia, la situazione ci è sembrata normale; solo qualche transenna delimitava palazzine, che non sembravano toccate dal sisma, ma la presenza degli sbarramenti, faceva capire che non era così.
Naturalmente tutta diversa la logistica del centro maratona: alla periferia della cittadina, in una palestra che ora, a differenza di maggio dove vi erano gli sfollati dalle proprie abitazioni inagibili, brulicava di atleti provenienti da tutta Italia, che volevano dimostrare con la loro presenza la vicinanza a questa gente così duramente colpita.
Forse la maratona in questo caso per molti di noi era solo una scusa. 
Ferdinando, Rossella (*) & Sir Marathon
(*) New entry & prima di categoria
Partenza alle ore 9.02, ora in cui si è verificata la seconda terribile scossa il 29 maggio.
Percorso quasi interamente variato. Non più il suggestivo ristoro nel castello della Galezza (credo fosse questo), crollato. Si ripercorrevano alcuni tratti dello scorso anno. Quello che ha reso più gradevole il percorso era non vedere edifici distrutti, se non alcune piccole cascine, ma a giudicare dalla vegetazione presente, credo fossero abbandonate. Cedo che questo abbia tranquillizzato i concorrenti.
L’unico momento di sconforto, per me, è stato attraversare la via principale del paese. Lo scorso anno la si percorreva tutta e qui era posto il traguardo. Ora non ci sono più le macerie, ma quasi tutti gli edifici sono retti da pali, che come enormi stampelle, sembrano dire: “Il più è passato, ora siamo in convalescenza, un po’ di riabilitazione e l’anno prossimo saremo di nuovo in forma”.
Nella parte finale di questo post mi ricollego al titolo.
Ho deciso di partecipare a questa manifestazione nonostante avessi un problema alla coscia; con fatica e con un po’ di dolore ho terminato la gara. Testardaggine e forse incoscienza, ma la mia gara ha visto il suo traguardo.
Il territorio ferito non prova certo dolore, al contrario degli abitanti, ma voglio sperare che anche loro, con testardaggine e operosità, sappiano raggiungere la loro meta. Quello che mi auguro è che tutti, a cominciare dalle competenti autorità, siano sempre al loro fianco per far sì che la loro “maratona” possa presto vedere il traguardo!

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